Dopo 14 anni di assenza dal Parlamento, i Verdi sono tornati. Ma in quanto piccola forza contro una maggioranza di governo di destra, il percorso per ottenere cambiamenti progressisti si presenta arduo. Abbiamo chiesto alla co-portavoce di Europa Verde Eleonora Evi come i Verdi vogliono provare a cambiare le cose e affermarsi come forza politica attiva.

Green European Journal: Onorevole Evi, questa legislatura ha visto il ritorno dei Verdi nel Parlamento italiano dopo anni di assenza. Quale valore aggiunto, come Verdi, potete portare in Parlamento, e su quali temi state lavorando di più?

Eleonora Evi: Sono ben 14 anni che i Verdi non erano presenti nel Parlamento italiano. Si tratta di un ritorno importante, arrivato anche grazie anche al progetto “Alleanza Verdi Sinistra”, il quale non è solo la somma di due partiti, Europa Verde e Sinistra Italiana, ma è molto di più. È un progetto che vede al suo interno altri soggetti come Possibile, molte reti civiche, realtà territoriali, un progetto che stiamo coltivando, sta crescendo e che vogliamo riuscire a rafforzare sempre di più in vista dei prossimi appuntamenti elettorali.

In sintesi, riteniamo che questo progetto interpreti le grandi sfide di questo momento storico, ovvero la giustizia climatica da un lato e la giustizia sociale dall’altro, i due elementi imprescindibili, le due colonne portanti di una attività politica che oggi deve essere portata avanti in tutti gli ambiti della nostra società, in tutti i settori dell’economia e ogni azione della nostra vita. Certo, siamo il gruppo più piccolo nel Parlamento italiano, ma stiamo già lavorando e facendo del nostro meglio per portare un po’ di novità e innovazione nella politica italiana.

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Vogliamo spingere sui temi della transizione ecologica, cercando di raccontarla non solo come un’attenzione legata ai temi della difesa e della tutela dell’ambiente. Infatti, la transizione ecologica oggi è una vera e propria rivoluzione che la nostra società ha bisogno di fare in tutti i suoi settori, in tutti i suoi settori: salute, ambiente, diritti, e lavoro. Noi stiamo già lavorando su tutti questi ambiti con particolare attenzione. Lo stesso concetto di co-portavoce, uomo e donna a tutti i livelli, è un segno di distinzione importante, che dimostra la nostra attenzione verso i temi legati alle battaglie per i diritti delle donne.

Lo scenario italiano in particolare oggi è molto complicato, perché abbiamo un governo di destra-destra, che ci sta portando, su tanti fronti, indietro nel tempo. In particolar modo sul tema della transizione energetica, gestita da un governo ancora legato a un modello fossile. Le recenti azioni del governo, come il via libera alle trivelle nell’Adriatico, le tante interlocuzioni della presidente del consiglio Meloni con i Paesi dell’Africa per rendere sempre di più l’Italia un hub del gas, ci spaventano molto. Vogliamo dimostrare che solo slegandoci dal sistema fossile possiamo combattere la crisi climatica ed arrivare pronti alla transizione ecologica, per essere più competitivi e creare occupazione e lavoro. Questa è una battaglia, anche culturale, molto impegnativa da portare avanti.

Ha parlato di Europa Verde come di una forza che si batte allo stesso modo per la giustizia climatica e sociale. Eppure, con un governo che gode di una maggioranza parlamentare molto forte, e con un centrodestra che continua a vincere, come di recente è successo alle elezioni regionali in Lazio e Lombardia, c’è bisogno di unità di intenti da parte delle opposizioni. Qual è il rapporto di Europa Verde con il resto dei partiti progressisti italiani e delle altre opposizioni?

Noi come Europa Verde e alleanza Verdi-Sinistra, ci siamo sempre spesi tantissimo, alle elezioni politiche e regionali, per cercare di tenere il campo progressista di sinistra unito. Non ce l’abbiamo fatta, e questa cosa ha inevitabilmente consegnato il Paese alla destra, così come anche la Lombardia, in cui speravamo di portare un cambiamento, e il Lazio in cui le forze progressiste, spacchettandosi e dividendosi, hanno favorito la vittoria delle destre.

Noi abbiamo sempre cercato di manifestare un forte senso di responsabilità, cercando di lavorare per costruire un campo progressista compatto e unito su alcuni temi e su alcune battaglie e mettendo da parte opportunismi politici che altri partiti, altri soggetti hanno voluto far prevalere. Quello che ci contraddistingue e che ha contraddistinto la nostra azione è non solo il senso di responsabilità, ma anche la coerenza nella nostra azione politica.

Solo slegandoci dal sistema fossile possiamo combattere la crisi climatica ed arrivare pronti alla transizione ecologica.

Nonostante le forti differenze, abbiamo sempre cercato di lavorare per costruire un centrosinistra unito. Oggi che siamo all’opposizione dobbiamo lavorare ancora di più in questo senso. Ci sono già tanti ambiti su cui si può lavorare insieme, come il salario minimo, su cui tutte le opposizioni hanno fatto già proposte e proposto mozioni. Penso anche al tema dei diritti civili. Abbiamo il dovere di lottare per i diritti di tutti i bambini  e bambine delle coppie e delle famiglie arcobaleno che rischiano di pagare le conseguenze di un grave arretramento. Su questi temi, il governo attuale guarda a esempi come Polonia o Ungheria, invece che guardare a Paesi dove i diritti fanno passi avanti, come la Spagna. In ogni caso si, credo che ci siano molti spazi di manovra per lavorare insieme.

Parlando di forze progressiste: prima del ballotaggio delle primarie del PD lei ha apertamente sostenuto, su Twitter, la candidatura di Elly Schlein. Come può cambiare il rapporto con il PD dopo l’elezione di Schlein a Segretaria?

Mi auguro che la nuova leadership del PD possa, con la figura di Elly Schlein, alzare la voce nella battaglia ecologista, e allo stesso tempo avere più forza per cercare di incidere il più possibile nonostante questo scenario molto complicato e un governo che va nella direzione opposta. Confido molto in questo cambio ai vertici del PD. Ovviamente sono anche molto realista, so che è un partito molto ampio, con tante posizioni diverse e tante correnti. Spero che la nuova Segretaria non si lasci travolgere dalle dinamiche tradizionali, che rischiano di arrestare la spinta propulsiva verso il cambiamento. La speranza, comunque è che al di là delle differenze identitarie, con il PD e gli altri partiti dell’opposizione, si possa lavorare insieme, per essere più incisivi e più forti sulle grandi sfide di questo tempo.

Tornando a Europa Verde, al suo programma e al pubblico che può attirare, oggi sembra che in Italia ci sia molta mobilitazione sui temi ambientali. Ultima Generazione in particolare è un’organizzazione molto attiva. Questo attivismo che affonda le sue radici in Fridays for Future, altrettanto attiva in Italia, può costituire un potenziale per Europa Verde? Come pensate di parlare a chi scende in piazza per il clima?

Come prima riflessione, credo sia importante non politicizzare l’attivismo dei giovani che scendono in piazza. I ragazzi di Fridays For Future e di Ultima Generazione devono essere liberi di esercitare il loro attivismo fuori da incasellamenti politici. Però è altrettanto vero che la loro azione deve smuovere la politica, e portare i partiti politici a riflettere sulle loro richieste, che restano spesso ignorate. Questo succede perché ci si focalizza sul gesto in sé, senza capire qual è il messaggio sottostante. In questo momento storico, le azioni degli attivisti restano molto importanti, e noi come Europa Verde cerchiamo continuamente di prestare ascolto e di entrare in contatto con loro, con una serie di incontri e idee per portare avanti proposte comuni.

Molto spesso i giovani si sentono ignorati ed esclusi dagli spazi di partecipazione democratica, e sta alla politica cercare di colmare questo grande vuoto.

Ma non vogliamo solo ascoltare, il nostro obiettivo è quello di interpretare le loro richieste nella nostra azione politica all’interno delle istituzioni. Purtroppo, la presenza di un governo di segno completamente opposto rende più difficile l’introduzione di queste istanze in un dibattito scientifico, senza le narrazioni distorte e di terrore che questo governo adotta nel parlare dei cambiamenti nei settori produttivi. Pensiamo al tema dell’auto, i regolamenti europei che puntano a vietare le auto a motore endotermico entro il 2035 o la direttiva EPBD sull’efficienza energetica degli edifici, su cui la maggioranza ha imposto una narrazione completamente falsata della realtà, basata su paure e bugie.

In questo contesto estremamente complicato, dunque, le istanze e le azioni dei ragazzi di Fridays For Future, di Extinction Rebellion, e di Ultima Generazione sono ancora più preziose, verso una politica che dovrebbe ascoltare molto di più.

Parlando di generazioni più giovani uno studio di YouTrend ha mostrato che, in occasione delle ultime elezioni politiche, l’Alleanza Verdi Sinistra ha ottenuto l’8% dei voti nella fascia demografica under-24, a fronte di un risultato generale del 3.6%. Guardando a questo risultato, pensa che i giovani possano essere più in generale un potenziale, per voi e per i movimenti ambientalisti? Come pensate di parlare all’elettorato giovanile?

Sapere che c’è una fetta di giovani che guarda al progetto Alleanza Verdi Sinistra con attenzione è per noi motivo di grande speranza ed incoraggiamento. Lavorare per intercettare sempre di più il voto e la partecipazione politica dei giovani è fondamentale. Una delle proposte su cui stiamo lavorando è il voto ai fuorisede, una battaglia potenzialmente trasversale, di civiltà, e che porterebbe a votare tanti giovani universitari e lavoratori che si vedono privati del loro diritto di voto. L’Italia è ad oggi l’ultimo Paese dell’Unione Europea, insieme a Cipro e Malta, a non garantire una forma di voto a distanza per i fuori sede. In tutto il resto d’Europa ci sono forme, formule e metodi per poter garantire il diritto di voto. Noi ci siamo attivati dall’inizio di questa legislatura e ci auguriamo di trovare il sostegno anche di altre forze politiche, non solo dell’opposizione, ma anche della maggioranza.

Questa secondo noi è un’azione necessaria. Non ci si può lamentare dell’astensionismo dilagante e crescente in Italia, se poi i giovani che vogliono votare sono privati del loro diritto di poterlo fare. Ma se da un lato vogliamo lavorare molto sulla partecipazione alla vita politica anche garantendo dei diritti laddove questi non ci sono, dall’altro lato pensiamo anche ad altre innovazioni che rendano più efficaci gli strumenti che garantiscono partecipazione attiva alla vita politica, come le petizioni. Oggi si pensa che i giovani non siano interessati alla politica, ma non è vero. Il problema è che molto spesso i giovani si sentono ignorati ed esclusi dagli spazi di partecipazione democratica, e sta alla politica cercare di colmare questo grande vuoto.

Siamo a un anno dalle elezioni europee e per voi sarà una grandissima sfida. Qual è la vostra idea di Europa e di quali politiche volete farvi promotori sia all’interno della green family europea che nelle istituzioni? Dove l’Europa deve fare di più?

Come Europa Verde, stiamo lavorando duramente, insieme con la famiglia di European Greens, per portare avanti istanze comuni e migliorare laddove già si è avviato un percorso comune. Uno dei temi più importanti per noi di Europa Verde è già parte delle battaglie storiche dei Greens, ed è contrastare l’idea di un’Europa fortezza chiusa da confini e muri. Vogliamo che la questione migratoria sia affrontata su presupposti di solidarietà, in cui le responsabilità tra gli Stati membri siano suddivise in maniera equa, e che si creino vie legali di accesso che oggi, di fatto, mancano. Speriamo in un’Europa che possa evitare di tornare a quell’approccio nazionalista che sta permeando non soltanto l’azione del governo italiano, ma anche di altri Paesi membri.

Inoltre, vogliamo lavorare per un’Europa che dia maggiore rilevanza ai temi sociali sulla scia dello storico passo in avanti fatto con Next Generation EU. La possibilità di avere per la prima volta un debito comune può cambiare le politiche sociali europee dalle fondamenta. Auspichiamo che l’esperienza del Recovery Fund diventi un qualcosa di strutturale e di lungo periodo, per un’Europa che sia davvero solidale.

Poi c’è la battaglia della transizione ecologica. Ad oggi questa Commissione Europea ha fatto passi nella direzione giusta, come, in primo luogo, la proposta del Green Deal, che comprende il pacchetto Fit For 55, l’attenzione che ha dimostrato sui temi legati alla protezione della natura e della biodiversità. Bisogna però evitare assolutamente che si ricorra a scappatoie e si incappi in passi indietro, ed è purtroppo quello che già un po’ sta accadendo. Per esempio, sul tema della tassonomia, dove si è fatto un grave errore consentendo di poter finanziare anche attività legate al gas e al nucleare. C’è lo stesso rischio nel nuovo Net Zero Industry Act appena varato, in cui la scappatoia è il tentativo di utilizzare anche la strada del nucleare come utile per raggiungere la neutralità climatica. Noi non siamo assolutamente di questa idea.

Un altro tema molto importante per Europa Verde sul quale l’Europa è spesso stata poco attenta, è quello legato al settore agricolo, in cui ancora permane un modello molto legato a un modello intensivo e industriale. Noi come Verdi europei siamo stati gli unici a opporci fortemente a mantenere un modello che premia, attraverso l’erogazione di fondi pubblici, la grande impresa agricola intensiva e industriale, anziché promuovere un modello di agricoltura sostenibile e dignitosa per gli operatori del settore. Abbiamo finanziato con soldi pubblici il gigantismo delle imprese che puntano a massimizzare il profitto a discapito del lavoro, dei diritti e della qualità del cibo sulle nostre tavole. In questo siamo stati l’unica voce contraria. Noi crediamo in un modello di agricoltura che abbandoni l’allevamento intensivo e l’uso smodato di pesticidi. Su tutti questi temi che ho citato l’Europa sta agendo ancora con timidezza. Ci aspettano battaglie importanti, per cui ci sarà tanto da lavorare.