Sullo sfondo di una sempre maggiore instabilità geopolitica e incertezze economiche, per l’Europa la strada da percorrere appare di gran lunga meno spianata. Ernest Urtasun, europarlamentare dei Verdi, e la co-leader dei progressisti lettoni Antoņina Ņenaševa discutono di come l’Europa dovrà prendere scelte decisive. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia mostra chiaramente quello che c’è in gioco. Per essere sicuri di scegliere la strada che conduce a una migliore qualità della vita, a una democrazia più forte e a una solidarietà che superi ogni frontiera, le forze progressiste e i Verdi dovranno offrire sia soluzioni immediate sia la visione di un futuro giusto e sostenibile.

Green European Journal: Il mondo si trova in una condizione di crisi multiple, dalla guerra in Ucraina e la crisi energetica, alla contrazione dell’economia fino ai disastri ambientali che si verificano in tutto il mondo. In questa “policrisi”, talvolta sembra di essere spettatori invece che attori in grado di influire sugli eventi. Come possiamo sfruttare questo periodo ai fini di un cambiamento sociale e politico?

Ernest Urtasun: Ci troviamo in un momento di grande trasformazione che suscita molte incertezze. È importante saper convincere le persone che possiamo influire su questo periodo e indirizzarci verso una agenda progressista. Questa impresa può essere perseguita soltanto a livello europeo. In particolare, vi sono due aree nelle quali l’Europa deve dar prova di leadership e dimostrare di essere all’altezza. Prima di tutto, il mondo sta entrando in un’epoca molto pericolosa, nella quale c’è in gioco l’ordine regolamentato creato alla fine della Seconda guerra mondiale. Le Nazioni Unite sono estremamente indebolite e la conseguenza a lungo termine dell’invasione dell’Ucraina voluta dal presidente russo Vladimir Putin sarà quella di sfidare ancor di più quell’ordine basato su regole precise. Al tempo stesso, un po’ ovunque i regimi autoritari stanno diventando sempre più energici, come chiaramente si osserva in una Cina forte e in una Russia estremamente aggressiva. L’ordine regolamentato deve essere protetto, oggi più che mai. Un secondo ambito nel quale dobbiamo dimostrarci all’altezza è quello del clima: il cambiamento climatico è fonte di enormi incertezze per molti, e l’Europa deve reagire rapidamente, con coerenza ed efficienza.

Antoņina Ņenaševa: Concentrarsi su molti problemi contemporaneamente non è facile. Siamo esseri umani e il multitasking non è la nostra condizione più naturale. Per noi è di gran lunga più comodo individuare e affrontare un problema alla volta. Negli ultimi vent’anni, il flusso sempre più grande di informazioni ha contribuito anch’esso a una sensazione di interdipendenza globale. Ora ci accorgiamo che una crisi in una regione del mondo è anche un nostro problema. Per questo siamo pervasi da questa sensazione di incertezza che influisce tanto sulla politica quanto su ognuno di noi. Che cosa possiamo fare in queste circostanze? Penso che per scongiurare una crisi generalizzata ci serva un’agenda chiara per il breve periodo in grado di rispondere alle esigenze dei cittadini tramite un sostegno al reddito e una coordinazione globale. A lungo termine, invece, i governi devono escogitare strategie efficaci che possano permettere di affrontare e risolvere i nostri problemi, interconnessi tra loro. I Verdi si trovano in buona posizione, perché il movimento ha sempre collegato la lotta al cambiamento climatico con la giustizia sociale e la lotta per i diritti umani in tutto il mondo.

L’aumento del costo della vita sta spingendo in povertà molte persone e diminuendo i budget di buona parte della classe media. Quali rischi politici ci si può attendere in futuro dal calo del tenore di vita? 

Antoņina Ņenaševa: In Lettonia l’inflazione ha ormai superato il 20 per cento. Nel caso di alcuni prodotti, i prezzi sono aumentati di oltre il 50 per cento. Si tratta di aumenti considerevoli e tangibili, di cui ci si accorge ogni giorno quando si fa la spesa. La gente sta risentendo di queste conseguenze ed è preoccupata dalla crisi, anche se i prezzi dell’energia non sono rimasti alti come erano fino a poco tempo fa e le previsioni delle più allarmiste forze politiche, che pensavano che l’Europa non avrebbe superato l’inverno, si sono rivelate errate.

Per risolvere la crisi del costo della vita, è indispensabile una coordinazione globale ed europea. Prima di tutto, i Paesi devono offrire sostegno ai nuclei familiari a basso e medio reddito, perché per molte persone questa crisi è una questione di sopravvivenza. Sul lungo termine, la Lettonia, come tutti i Paesi europei, dovrà investire nelle rinnovabili e nell’innovazione. Le condizioni scadenti del nostro patrimonio immobiliare sono un problema enorme per un Paese post-comunista con molti appartamenti malamente coibentati e rigide condizioni meteo. Senza ammodernamento, in sostanza tutta la nostra spesa energetica serve al riscaldamento delle strade. Lo stesso vale per il nostro sistema dei trasporti pubblici: questa crisi sta dimostrando che un sistema di mezzi pubblici sostenibile a livello ambientale è una priorità sia a breve sia a lungo termine. In ogni caso, per garantire gli investimenti pubblici necessari ed evitare ripercussioni monetarie negative serve la cooperazione globale.

La nostra visione per l’ambiente è una soluzione per molti grandi mali della nostra società.

A. Nenaseva

Ernest Urtasun: L’inflazione è un fenomeno che lungo tutta la storia ha sempre portato i governi alla sconfitta, e potrebbe avere ancora adesso un impatto devastante sui nostri governi. Se osserviamo gli esiti delle elezioni da quando l’inflazione è diventata un problema in tutta Europa, ogni volta che un Paese è andato alle urne il governo in carica ne è uscito sconfitto. Per questo ci occorre che l’Unione europea sviluppi quello che io chiamerei uno “scudo sociale” in grado di tutelare i soggetti più indifesi della società.

In generale, ci troviamo in pieno cambiamento economico. Sommata alle due precedenti – quella del 2008 e la pandemia –, questa crisi ha mostrato che lasciare tutto nelle mani del libero mercato è stata una cattiva idea. Dopo anni di politiche neoliberali fallimentari, l’unico modo per mantenere funzionanti i nostri sistemi di welfare di proteggere le nostre democrazie consiste nel rafforzare efficacemente i nostri servizi pubblici e le tutele sociali assicurandoci al contempo che i costi dell’inflazione siano equamente ripartiti. Al Parlamento europeo i Verdi stanno chiedendo più tasse sui profitti per le aziende che l’anno scorso hanno registrato maggiori entrate, il blocco degli sfratti per tutelare i più bisognosi, e la garanzia che i beni di base sugli scaffali restino a prezzi abbordabili. L’Unione europea ha preso alcune decisioni positive al riguardo, come le tasse sui profitti per le società energetiche, ma in ogni caso i progressi sono molto lenti nel campo della riforma del mercato dell’elettricità, la radice degli attuali problemi in Europa, dato che alcuni governi europei la stanno tirando per le lunghe.

Antoņina Ņenaševa: Concordo con quello che è stato detto al riguardo delle implicazioni politiche dell’inflazione. Dalle elezioni di ottobre in Lettonia sono emerse chiare conseguenze. Due terzi dei seggi sono andati a parlamentari mai eletti in passato e quattro partiti su sette che ora siedono in parlamento sono nuovi. Se parte di questo sviluppo è positivo, dato che la visione progressista dei Verdi è finalmente rappresentata in parlamento, abbiamo assistito anche al ritorno degli oligarchi e alle loro oscure attività, e così pure alla vittoria di altri partiti estremisti.

In Lettonia sembra quasi che siano tornati gli anni Novanta, e questo non è positivo. In quegli anni la Lettonia ha conquistato la sua indipendenza e ha costruito la sua democrazia, ma furono anche anni dai molti risvolti cupi, con una crescita sempre maggiore dell’economia sommersa e di uomini potenti, capaci di piegare le regole al loro volere. Direi che oggi i Verdi e i partiti socialdemocratici possono fare progressi concreti, ma la realtà politica è tale che a trarne maggior vantaggio sono le forze estremiste e populiste. Si tratta di una preoccupazione immensa per la legalità.

Come possono i Verdi diventare la forza politica alla quale si rivolgono i cittadini in difficoltà in un periodo di crisi?

Ernest Urtasun: Credo che se continueremo a offrire un progetto sociale e politico destinato alla maggioranza delle persone, potremo essere la forza che offre certezze e ottimismo alla gente. Se prendiamo in considerazione le elezioni svoltesi di recente in Italia e in Svezia, notiamo che il problema principale è che le forze progressiste non sono state capaci di offrire un progetto sociale attraente. Questo fallimento crea per l’estrema destra l’opportunità di affermare il suo progetto sociale. L’estrema destra vince guardando al passato e sfruttando quella sensazione di nostalgia che si contrappone alle incertezze del futuro. Così si spiega la Brexit. Così si spiega Trump. E penso che così si spieghi anche Meloni. Per i Verdi, questa sfida richiede di guardare al futuro con ottimismo, continuando a essere ambiziosi in termini di lotta al cambiamento climatico e al tempo stesso di rafforzamento della narrazione sulla giustizia sociale.

Antoņina Ņenaševa: Il primo passo deve essere parlare dei problemi, senza fingere che vada tutto bene. Molti cittadini pensano ancora che i Verdi si preoccupino solo della gestione dei rifiuti e della tutela della natura; di conseguenza, dobbiamo lavorare ancora molto per far passare la narrazione giusta, che possa portare la gente a farsi un’idea complessiva. Altro punto fondamentale e impegnativo è spiegare che le soluzioni dei Verdi non sono costose, che l’approccio all’ambiente è di gran lunga più economico sul lungo periodo e che apporterà benefici a molta più gente rispetto allo status quo.

Con la guerra in Ucraina e un’attenzione accentuata alla nostra dipendenza dal gas russo, dovrebbe essere possibile spiegare perché l’indipendenza dai combustibili fossili è di importanza cruciale per molti aspetti: per rafforzare la giustizia sociale, per contrastare il cambiamento del clima, per proteggere i diritti umani. Ancora, dobbiamo sottolineare l’esigenza di una effettiva indipendenza energetica, perché passare da una dipendenza a un’altra non dovrebbe essere un’opzione, nemmeno se ciò significasse passare dalla dipendenza dalla Russia alla dipendenza dall’America. Sul lungo periodo, in settori strategici come quello energetico la soluzione è la proprietà pubblica.

Alcuni politici sono riluttanti ad accogliere le soluzioni europee, perché sussiste una distanza percepita tra i Paesi europei. La guerra in Ucraina può sembrare lontana per alcuni, mentre altri potrebbero pensare che i guai economici di un altro Paese non li riguardino. In che modo i Verdi possono dar vita a una solidarietà che superi trasversalmente le frontiere tra i Paesi europei?

Ernest Urtasun: Penso che sia indispensabile un cambiamento politico e culturale, nel senso che noi europei dobbiamo capire che la disoccupazione giovanile in Grecia è anche un problema dei Paesi baltici, tanto quanto le minacce ai confini di questi ultimi sono un problema della Spagna. Questa è la cultura a cui è indispensabile dare vita. Abbiamo fatto progressi, sotto questo punto di vista: penso davvero che le preoccupazioni legate alla sicurezza espresse dai Paesi baltici siano una preoccupazione di tutti a livello di Ue.

Il modo migliore per creare una percezione comune di quello che si potrebbe definire interesse europeo consiste nel cercare continuamente di dare soluzioni europee ai diversi problemi. La buona notizia è che, rispetto alla crisi dell’Eurozona, le divisioni geografiche di oggi sono molto meno significative. In precedenza, alcuni stati membri sono stati colpiti pesantemente dalla crisi del debito sovrano, mentre altri no. Oggi, tutti gli europei indifferentemente sono alle prese con i problemi di un mercato energetico mal concepito e mal realizzato, con shock energetici e un sistema fiscale iniquo. Eppure, anche se non si tratta di uno shock asimmetrico, c’è ancora il rischio che alcuni stati membri pensino di poter agire individualmente.

Antoņina Ņenaševa: La guerra è un evento di grande impatto e importanza per tutta Europa. Per me, è inevitabilmente una questione sensibile. La guerra mi è vicina dal punto di vista geografico, a casa mia ospito alcuni rifugiati ucraini, ho amici e familiari coinvolti. Al tempo stesso, occorre essere chiari: non si tratta di un fenomeno unico. Ogni anno l’Europa deve affrontare diversi tipi di crisi globali; pertanto, quel che ci serve è una maggiore cooperazione e una forte interdipendenza, con politiche condivise e responsabilità comuni.

Oggi, c’è il rischio che altri attori politici portino avanti visioni reazionarie contro lo European Green Deal

E. Urtasun

La Lettonia e gli Stati Baltici hanno assunto un ruolo di forte leadership nel sostegno all’Ucraina. Ci siamo affermati come attori geopolitici forti, che sanno affrontare le debolezze evidenziate dall’aggressione russa. Quello che i Paesi Baltici hanno ottenuto a livello regionale è possibile anche a livello europeo. Dopotutto, scongiurare una guerra sul continente europeo e ridurre al minimo la vulnerabilità dell’Europa a fronte delle interdipendenze globali sono i motivi per i quali esiste l’Unione europea.

Molti economisti temono che in Europa sia in arrivo una recessione, forse a livello globale. La Banca Centrale Europea e le banche centrali di tutto il mondo hanno aumentato i tassi di interesse. Secondo voi, abbiamo saputo trarre i giusti insegnamenti dalle crisi precedenti oppure rischiamo un ritorno all’austerità?

Ernest Urtasun: Non vedo questo rischio sul breve periodo. Nel pensiero economico è in atto un cambiamento culturale che sta intaccando l’influenza delle idee neoliberali a Bruxelles, negli stati membri e in genere a livello internazionale. L’Unione europea ha imparato la lezione dall’austerità. Dopo aver quasi fatto saltare in aria la nostra valuta comune, non vedo un ritorno immediato a quell’idea. Ma la battaglia politica per la riforma delle normative fiscali nell’Ue è appena cominciata e avrà conseguenze estremamente importanti per il mix di politiche economiche che gli stati membri potranno sviluppare. Se nel 2024 si dovessero riapplicare le normative attuali, ovunque in Europa si entrerebbe in una nuova fase di austerità. Tuttavia, non mi aspetto che ciò accada: credo che il sostegno pubblico della nostra economia proseguirà. Al tempo stesso, le decisioni delle banche centrali di aumentare i tassi di interesse renderanno molto difficile la vita di molti nuclei familiari. 

Dopo il 2008, i Verdi prospettarono l’idea del Green New Deal. Dieci anni dopo, possiamo constatare l’influenza di quella visione, che ha plasmato sia il Green Deal europeo sia l’agenda Biden, anche se i suoi aspetti sociali ne sono usciti molto diluiti. Esiste una visione altrettanto trasformativa in grado di rispondere alla nostra crisi attuale?

Ernest Urtasun: Il nostro Green Deal resta una visione valida per gli anni a venire. Non abbiamo bisogno di reinventare la ruota. Il Green Deal si è sempre retto su due pilastri: la transizione ecologica della nostra economia e la decarbonizzazione da una parte, e una riforma sociale molto incisiva dell’economia e del nostro sistema del welfare dall’altra. Dopotutto, se non agiremo per rafforzare la coesione sociale, non ci sarà nessuna transizione. Oggi, c’è il rischio altri attori politici portino avanti visioni reazionarie contro il Green Deal. A livello europeo, il Partito Popolare europeo sta facendo del proprio meglio per annacquare le normative collegate al Green Deal. Il ruolo di noi Verdi è sostenere entrambi questi aspetti – la decarbonizzazione e la creazione di una società giusta – e spingere le istituzioni europee a mantenere viva la loro ambizione.

Antoņina Ņenaševa: Sono d’accordo, dobbiamo riformare e rafforzare le tutele sociali e agire da leader nell’azione contro la disuguaglianza, abbinando nella nostra narrazione le politiche a favore del clima e il ruolo centrale dei diritti umani. Questo mi riporta all’idea di collegare questi due temi importanti, dato che i problemi che dobbiamo affrontare sono sempre più collegati tra di loro. Il cambiamento climatico sta provocando disuguaglianze sempre maggiori. L’estrazione dei combustibili fossili spinge a molte violazioni dei diritti umani. La sconfitta dell’Ucraina sarebbe una sconfitta di tutta l’Europa. Di conseguenza, la nostra visione per l’ambiente è una soluzione per molti grandi mali della nostra società. È indispensabile che questo sia chiaro a tutte le persone che hanno una visione, sia a livello locale sia a livello europeo. L’invasione russa è così drammatica che dobbiamo continuare a darle importanza nel portare avanti la nostra visione e dobbiamo continuare a spiegare dove può portare un modello di società non democratico, alimentato da combustibili fossili.

Traduzione di Anna Bissanti

Tradotto in collaborazione con la Heinrich Böll Stiftung Parigi, Francia

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